Dal 1° gennaio 2018 anche i sacchetti ultraleggeri forniti come imballaggio per alimentari sfusi dovranno essere biodegradabili e compostabili. E’ l’effetto dell’entrata in vigore della legge 123 del 3 agosto scorso, che ha recepito la Direttiva UE n. 2015/720, rispetto alla quale l’Europa aveva aperto una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia.

Le nuove norme riguardano i sacchetti leggeri utilizzati per trasportare la spesa, quelli più leggeri usati per imbustare la frutta e la verdura venduta sfusa, carne, pesce, prodotti da forno e di gastronomia che si acquistano al banco di mercati, negozi e supermercati e anche farmaci: tutti dovranno essere biodegradabili e compostabili, rispettando lo standard internazionale UNI EN 13432 e per questo motivo necessiteranno di una certificazione da parte di enti accreditati.

Viene confermato il divieto di circolazione degli shopper di plastica non riutilizzabili inferiori a certi spessori (200 micron di spessore per quelli alimentari con maniglia esterna, 100 micron per quelli a uso non alimentare sempre con maniglia esterna) e introdotto il divieto di cessione gratuita degli stessi (c.d. pricing).
I sacchetti ultraleggeri oggetto della novità in vigore dal 1° gennaio sono quelli sotto i 15 micron di spessore, che, a partire da tale data, dovranno essere non solo compostabili secondo la norma UNI EN 13432, ma contenere anche una percentuale crescente di carbonio biobased (secondo lo standard UNI CEN/TS 16640): almeno il 40% dal 1° gennaio 2018, il 50% dal 1° gennaio 2020 e almeno il 60% da gennaio 2021.

La nota dolente per i consumatori è rappresentata dal fatto che tutti i sacchetti leggeri e ultraleggeri dovranno essere ceduti esclusivamente a pagamento, come avviene adesso per gli shopper monouso da spesa in vendita alle casse dei negozi e supermercati al prezzo di 10 centesimi circa.

«Si tratta di un nuovo balzello che graverà sui consumatori e complicherà la vita alle imprese del settore», puntualizza Rete Imprese della provincia di Modena. «Se da un lato è necessario alzare il livello di impegno per aumentare la consapevolezza dei cittadini sugli impatti che le borse di plastica hanno sull’ambiente dall’altro non si può scaricare sempre i costi sui consumatori e sulle imprese della distribuzione: più corretto sarebbe stata una previsione legislativa capace di introdurre comportamenti virtuosi nella fase produttiva, imponendo l’utilizzo di materiali eco compatiìbili già nella fase primaria».

«Conviviamo allegramente», conclude la nota di Rete Imprese, «con milioni di produzioni di bottiglie di plastica difficili da smaltire, a tutti i livelli dalle acque alle bibite, senza che nessuno faccia o dica qualcosa e poi si cerca di intervenire sui micro sacchetti…è un po’ una contraddizione di sistema».

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