In provincia di Modena sono oltre 600 gli affitti turistici offerti da privati su una serie di portali, poco meno del 70% degli annunci risulta presente sul solo sito Airbnb e i corrispondenti posti letto sono circa 2.000. Questi, in sintesi, i numeri della nuova indagine condotta da Federalberghi-Confcommercio Modena con l’ausilio di Incipt Consulting sul fenomeno delle camere di privati vendute a fini turistici.
Soprattutto nel capoluogo, a fianco dell’offerta ufficiale – alberghi, residence, affittacamere, b&b – c’è solo l’imbarazzo della scelta: si va dal “caratteristico e accogliente bilocale nel centro storico di Modena”, alla “dimora tipica e molto centrale”, passando per “la villa indipendente a 10 minuti da Modena, con piscina privata” e giungendo al più classico “appartamento climatizzato con affaccio sul centro storico”. Con particolare riferimento al solo Aibnb, ad aprile erano disponibili 402 alloggi, di cui 193 (48%) riferiti ad interi appartamenti, 293 (72,9%) disponibili per più di sei mesi e 171 (42,5%) gestiti da host che mettono in vendita più di un alloggio.
«I numeri confermano», commenta Federalberghi-Confcommercio, «come il sommerso nel turismo, anche nella nostra provincia, abbia raggiunto livelli di guardia ed appaia urgente che vengano messe in campo adeguate contromisure».
«Quelli raccolti sono dati oltremodo importanti», prosegue la nota, «perché smascherano definitivamente le quattro grandi bugie della cosiddetta sharing economy: non è vero che si condivide l’esperienza con il titolare visto che la maggior parte degli annunci pubblicati su Airbnb si riferisce all’affitto di interi appartamenti, in cui non abita nessuno; non è vero che si tratta di attività occasionali visto che la maggior parte degli annunci si riferisce ad appartamenti disponibili per oltre sei mesi all’anno; non è vero che si tratta di forme integrative del reddito poiché sono attività economiche a tutti gli effetti, che molto spesso fanno capo ad inserzionisti che gestiscono più alloggi; non è vero che le nuove formule compensano la mancanza di offerta visto che gli alloggi presenti su Airbnb sono concentrati soprattutto nelle località turistiche, dove è maggiore la presenza di esercizi ufficiali».
Ne consegue che il consumatore è ingannato due volte: viene tradita la promessa di vivere un’esperienza autentica e si eludono le norme poste a tutela del cliente, dei lavoratori, della collettività, del mercato.
«Chiediamo dunque e per l’ennesima volta», precisa l’Associazione degli albergatori modenesi, «che venga messa in campo una attività di controllo e verifica ad hoc, capace contrastare gli abusi, e che l’attività di vigilanza venga esercitata con efficacia: ciò nell’ottica di tutelare tanto le imprese turistiche tradizionali quanto coloro che gestiscono in modo corretto le nuove forme di accoglienza».
Proprio in questi giorni è in discussione in Parlamento, un decreto legge che potrebbe introdurre una cedolare secca, pari al 21%, sul prezzo pagato dai clienti degli appartamenti in affitto. «Il provvedimento è nella direzione giusta, ma potrebbe non essere sufficiente», commenta Federalberghi, «e serve invece mettere questo mercato parallelo sotto l’ombrello delle stesse regole che valgono per gli albergatori in materia di fisco, previdenza, lavoro, igiene e sicurezza, visto che oggetto della nostra battaglia non è certo la scelta del cliente, ma l’evasione fiscale e l’elusione delle regole».
«Anche in chiave locale», conclude la nota, «si deve lavorare per prevenire il dilagare dell’offerta parallela adottando norme ad hoc e prendendo spunto da decisioni adottate da città estere: il Comune di Berlino, ad esempio, ha adottato una norma che impedisce ai proprietari che non siano titolari di una licenza, di essere imprenditori e dunque di affittare l’intera casa senza una autorizzazione preventiva da parte dell’amministrazione cittadina; mentre ad Amsterdam gli appartamenti privati non possono essere affittati per più di sessanta giorni all’anno».